"Bambini al centro: non organizziamo i bisogni educativi e di cura dei bambini sulle sole esigenze conciliative degli adulti"
Le presidenti delle tre cooperative sociali che gestiscono oltre 80 nidi d’infanzia comunali sul territorio trentino offrendo servizi educativi e di cura ad oltre 2000 famiglie e lavoro a circa 800 operatrici, hanno scritto un accorato appello a mantenere i bambini al centro dell’attenzione nell’elaborazione della Fase 2, per non continuare a ledere la soddisfazione dei bisogni essenziali ed esistenziali dei più piccoli.
Le tre cooperative sociali - Bellesini, Città Futura e La Coccinella - chiedono di ragionare insieme per trovare una modalità, nel rispetto della sicurezza naturalmente, per permettere alle nuove generazioni di attraversare questa difficile esperienza insieme ai propri pari e non nella solitudine pericolosissima dei social e nella faticosa ristrettezza relazionale che purtroppo caratterizza la famiglia mononucleare.
Ecco il testo della lettera.
DALLA PARTE DEI SERVIZI
I servizi rivolti alla primissima infanzia di cui il Trentino si è dotato solo negli ultimi decenni sono riusciti attraversando fasi di fortuna alterne ad essere oggi riconosciuti sia per la loro rilevanza educativa che conciliativa.
I primi nidi d’infanzia, nati un po' oltre la metà del secondo scorso per rispondere alle esigenze delle mamme lavoratrici, sono stati sostenuti da intuizioni pedagogiche prima e dalle ricerche delle neuroscienze poi nell’acquisire lo status di servizi educativi in cui i bambini sin da piccolissimi “imparano” come stare nel mondo. Perché i bambini, adesso lo sappiamo, imparano già prima di nascere.
A caratterizzare inoltre l’evoluzione di questi servizi sono stati i cambiamenti nella composizione delle comunità e la curva demografica. Il calo della natalità a cui assistiamo oramai da molto tempo è infatti un rischio: senza fratelli, sorelle, cugini viene meno per i bambini la possibilità di avere esperienze regolari di vita con i coetanei, di cimentarsi in relazioni di amicizia, collaborazione, condivisione e conflitto. Esperienze queste che determineranno la capacità di saper vivere in futuro relazioni proficue e rispettose con i partner, i colleghi e i propri figli. Ecco perché i servizi sono diventati oggi luoghi di socializzazione primaria e indispensabile.
La violenza con cui il Covid 19 si è imposto nella nostra vita rischia di compromettere tutte queste conquiste. Leggendo a ritroso la Fase 1 dell’epidemia la cronaca ci restituisce un’idea di bambino invisibile agli occhi degli adulti: soggetto passivo di politiche attive per genitori – lavoratori (dai voucher baby – sitter al congedo parentale esteso…) o studente promosso nell’uso della didattica on – line se già in età “scolarizzabile”.
Nessuna politica o decisione è stata presa in coerenza ai principi fondamentali della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che fra l’altro richiamerebbero a veder riconosciuto in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l'interesse del bambino/adolescente il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e dell'adolescente, ad impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini, anche tramite la cooperazione tra Stati e ascolto delle opinioni del minore e a prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni.
Ed in più quella “comunità” che fino ad ieri era considerata un elemento di valore e di crescita per i bambini, centrale nello storytelling dei servizi per l’infanzia oggi è vista con timore perché foriera di contagi.
Ecco in questo quadro c’è da augurarsi che la Fase 2 e poi tutte quelle che seguiranno si sviluppino in forte discontinuità con quanto visto fino adesso. La speranza è che non cadano invano gli appelli che studiosi ed esperti stanno lanciando in questi giorni, in ultimo solo in ordine cronologico quello del garante dei diritti dei minori della provincia di Trento, che richiamano la necessità di riaprire, in tutta sicurezza ci mancherebbe altro, spazi di socializzazione per bambini e ragazzi per non continuare a ledere la soddisfazione dei loro bisogni essenziali ed esistenziali. Per permettere quindi alle nuove generazioni di attraversare questa faticosa esperienza insieme ai propri pari e non nella solitudine pericolosissima dei social e della faticosa ristrettezza relazionale che purtroppo caratterizza la famiglia mononucleare.
Nella convinzione che il futuro si fa con le decisioni di oggi, in questo scenario chi come noi si occupa di infanzia ed adolescenza non si può esimere dal compito di immaginare e realizzare prospettive per rilanciare il valore ed il significato che i servizi educativi hanno nella formazione delle generazioni future.
Ma ancor più va posta l’attenzione sull’infanzia, sulle opportunità e garanzie che questa società vuole dare ai bambini. Arrestare l’avanzata di una cultura privatistica della cura e dell’educazione ripiegata alle sole esigenze di conciliazione degli adulti significa infatti avere la consapevolezza che i bambini meritano contesti di qualità perché è pur vero che per ora non votano, ma forse qualcuno dovrebbe riflettere sul fatto che voteranno in futuro e saranno quindi chiamati a decidere ad esempio come gestire eventuali prossime crisi.
Questo è il momento per proposte di innovazione e cambiamento, che già in termini qualitativi e quantitativi premevano da tempo su questo ambito e ce lo testimoniano i molti paesi europei che hanno al centro delle loro politiche economiche e sociali proprio i giovani e i bambini.
Quindi nella formulazione di nuove strategie per supportare le famiglie e permettere la ripresa dobbiamo tenerci ancorati ad alcuni punti forti per consegnare ai nostri figli e alle prossime generazioni un mondo meno arido su tutti i piani: ambientale, sociale, economico.
Questa crisi planetaria dovrebbe essere l’occasione per riparare ad errori e non per aggiungerne altri; le esperienze innovative di questi giorni possono essere una pista di lavoro ma non la strategia unica.
Come gestori di oltre 80 nidi d’infanzia comunali sul territorio trentino abbiamo il dovere di dare voce alle tante famiglie che sosteniamo quotidianamente (oltre 2000), alle famiglie delle nostre operatrici (circa 800) che si preoccupano dell’assenza di pensieri e riflessioni serie che tengano conto della loro esistenza.
Nel difficilissimo compito di riconfigurare l’organizzazione del mondo del lavoro, le politiche ambientali e i nuovi tratti identitari che si stanno sedimentando nella nostra comunità, non si può dimenticare che stiamo lavorando per il futuro, non solo per le generazioni passate che ci hanno consegnato questo mondo in ripresa, in evoluzione e miglioramento e che forse per primi vorrebbero vedere maggior impegno per i loro nipoti.
Sandra Dodi (cooperativa Citta Futura), Daria Santoni (cooperativa Bellesini), Francesca Gennai (cooperativa La Coccinella)